In un momento storico come questo, nel quale il mondo della scuola è stato profondamente colpito da una crisi di significato, è opportuno svolgere un’analisi sul ruolo della didattica a distanza e su ciò che comporta.
L’apprendimento è stato sicuramente più autonomo, con i suoi pro e i suoi contro, e c’è stato un maggior coinvolgimento delle famiglie nei processi di apprendimento che, a detta dello scrivente, era socialmente necessario. L’uso della didattica a distanza in questo momento storico ha, però, messo in risalto anche la funzione della scuola come creatrice di relazioni e come agenzia sociale di interazioni basate sull’equità e sull’inclusione. Ma quanto la nostra scuola, nella sua lunga storia, è riuscita a svolgere questo importante ruolo?
Il mezzo tecnologico è infatti estremamente potente e, usato correttamente, può essere un valido rinforzo dei metodi di formazione tradizionali, spesso utilizzati in modo ripetitivo e poco coinvolgente. Esempio valido sono i nuovi corsi di formazione a distanza che, anche nel nostro paese, si stanno facendo largo (con un discreto ritardo) anche nei sistemi di formazione universitaria e professionale.
E’ difficile però vedere quali saranno i risultati a lungo termine di questo nuovo meccanismo di formazione, in quanto il rischio maggiore è quello di riprodurre le disuguaglianze scolastiche anche nel mondo virtuale, scatenando un effetto farfalla rischioso e imprevedibile. Il pericolo maggiore è quello di veder crescere, nei prossimi mesi, la dispersione scolastica, soprattutto di quei ragazzi che, anche a scuola, spesso siedono all’ultimo banco. Tali ragazzi rischiano di rimanere “fuori dall’aula” anche in questo momento.
Per ‘bisogni educativi speciali’, secondo le ultime Direttive del MIUR si intende infatti una famiglia molto più ampia di casistiche. Secondo la direttiva del MIUR del 27/12/12 il bisogno educativo speciale “rappresenta qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento in ambito educativo e/o apprenditivo, che necessita di educazione speciale individualizzata finalizzata all’inclusione”. Secondo questa denominazione, il BES è quindi riferibile ad una più vasta area di alunni, molto eterogenea, che comprende alunni che necessitano di una particolare attenzione: per svantaggio socio-culturale, per disturbi evolutivi e dell’apprendimento e per provenienze geografiche diverse, aventi quindi difficoltà legate anche ad una barriera linguistica.
In questo contesto, è fondamentale che gli insegnanti, di sostegno e non, cooperino al fine di sviluppare dei curricoli personalizzati, finalizzati ad un’inclusione didattica e sociale dei ragazzi con bisogni educativi speciali. In alcuni casi, senza tale attenzione condivisa, è infatti molto concreto il pericolo di una dispersione scolastica precoce, con ricadute sul funzionamento sociale dell’individuo anche una volta che quest’ultimo esce dal percorso scolastico.
L’inclusione, come già detto, va intesa in due direzioni: didattica e sociale.
E’ importante, innanzitutto, strutturare dei Piani Educativi Individuali che possano rendere l’apprendimento motivante e che favoriscano l’utilizzo di misure dispensative e compensative (possibilità di usare tablet e dispositivi tecnologici, mappe concettuali, riduzione del carico di studio, interrogazioni programmate). Questi “sconti” sono la parte fondamentale di una didattica efficace, che possa rendere i concetti fruibili e accessibili più facilmente allo studente con BES. Un carico di studio eccessivo, o dei concetti di difficile comprensione, possono portare l’alunno a un calo nella motivazione, che può danneggiarne i risultati scolastici.
All’interno del gruppo classe, agenzia di socializzazione importante per il minore per le interazioni con i pari, è importante che gli insegnanti lavorino in team, osservando le relazioni che lo studente (o gli studenti) BES intessono con i loro coetanei. Nonostante le misure dispensative utilizzate per la didattica, è infatti frequente che il minore con un bisogno educativo speciale, viva una situazione di esclusione sociale. E’ necessario quindi che gli insegnanti sviluppino delle competenze di ascolto attivo, di team-building e che siano in grado di creare un ambiente accogliente e cooperativo.
In questi contesti, sono strategie efficaci tutte quelle legate all’apprendimento in gruppo, una metodologia che favorisce l’apprendimento, ma in un contesto nel quale vengono stimolate l’interdipendenza positiva fra i membri del gruppo classe e lo sviluppo di abilità socio-relazionali. Ne sono un esempio:
- Il Reciprocal Teaching (Carolyn J. Carter), nel quale gli studenti vengono divisi in coppie, più o meno eterogenee a seconda delle esigenze, nei quali vengono rielaborati i contenuti della lezione e nel quale uno degli studenti può fungere da tutore per l’altro, attuando ove possibile anche uno scambio di ruoli.
- Il Cooperative Learning (Johnson & Johnson), una macro-metodologia in uso in diversi sistemi scolastici europei, nel quale il lavoro viene svolto in gruppo, con dei materiali condivisi e una rielaborazione collettiva sui contenuti della lezione. Questo metodo permette anche di strutturare i ruoli all’interno del gruppo, creando una sotto-specie di macro-organizzazione simile a quelle aziendali e lavorando su meta-competenze importanti legate al team-building e alla risoluzione di problemi.
- La Community Of Learners (Brown, Campione, Ligorio), un setting nel quale la classe diventa protagonista del proprio percorso di apprendimento, al quale partecipa attivamente e nel quale si “impara ad imparare”. L’uso di questo metodo trasforma la classe in una sorta di gruppo di ricerca, nel quale è la classe stessa che costruisce il proprio sapere, in un contesto nel quale si favorisce l’apprendimento per scoperta.
L’utilizzo di queste tecniche pone l’insegnante in una posizione nuova, che non è più di semplice trasmettitore di conoscenza, ma di creatore di opportunità. E’ in questo contesto che l’insegnante deve quindi favorire una cooperazione sana, preparando l’attività e i materiali in modo preciso e ben strutturato.
Queste tecniche, inoltre, non vanno ad aiutare solo l’alunno con un bisogno educativo speciale, ma favoriscono anche l’integrazione e le relazioni all’interno del gruppo, creando delle meta-competenze che vanno oltre l’apprendimento del semplice concetto e della lezione frontale.
Infine, strutturando un curricolo personalizzato per alunni con BES riveste un’importanza fondamentale la valutazione dei progressi fatti. Quest’ultima deve avvenire non solo come valutazione finale dei risultati, ma anche in itinere, valutando punti di forza e di criticità del percorso, rapportando eventuali modifiche e aggiustamenti.
Va tenuto presente che, come già detto, il bisogno educativo speciale, non è solamente un concetto relativo alla sola difficoltà dell’apprendimento, ma che ricopre una fascia molto più ampia della popolazione scolastica, comprendente anche studenti che necessitano di un supporto speciale per quanto riguarda l’inclusione sociale. E’quindi opportuno che gli insegnanti siano pronti ad accogliere una sfida non solo didattica, ma anche umana.
Immagine di copertina tratta da “Carlo l’educatore” di Edoardo Arcuri-Canebastardo Comics