L’importanza del legame ai tempi della pandemia
L’epidemia causata dal nuovo virus COVID-19 ha destabilizzato la mente dei cittadini provenienti da tutte le parti del mondo. Le misure restrittive messe in atto dal governo italiano impongono ai cittadini di restare a casa e di ridurre al minimo gli scambi sociali, mettendo a dura prova le risorse psichiche individuali. Le suddette misure restrittive potrebbero potenzialmente avere un impatto sulla salute psichica della popolazione, dal momento in cui le relazioni sociali rappresentano l’ossigeno della salute mentale, anzi senza relazione la “mente” non esisterebbe.
Relazioni e benessere psicofisico
Negli ultimi anni la psicologia clinica si è sempre più focalizzata sull’importanza delle relazioni interpersonali come elementi di resilienza nei confronti di possibili disagi emotivi. La capacità di instaurare e mantenere relazioni stabili e durature è diventata in ambito psicodiagnostico un elemento importante nella valutazione del funzionamento mentale di una persona. Basta pensare, in effetti, che il disturbo borderline di personalità così come è descritto nel DSM 5 (2013) si caratterizza proprio per una difficoltà nell’instaurare relazioni interpersonali durature.
Sullivan (1962), fondatore del movimento interpersonale nella psichiatria moderna, aveva tempo fa già intuito l’impatto di relazioni disfunzionali sulla salute mentale degli individui, evidenziando come lo stabilire rapporti interpersonali fosse il primo passo indispensabile nella cura dei pazienti schizofrenici.
Attualmente studi neuroscientifici basati sulla teoria dell’attaccamento hanno confermato come i rapporti interpersonali sono fondamentali nella gestione delle proprie emozioni, e in particolar modo dell’ansia. Recentemente Fonagy (2019), richiamandosi implicitamente al lavoro di Sullivan, ha osservato come i legami interpersonali sicuri permettano la gestione degli stati ansiosi nelle persone inclini a manifestare disturbi d’ansia.
Le relazioni interpersonali assumono un ruolo cardine nella gestione dello stress, proveniente sia da fattori esterni che interni (ad esempio conflitti intrapsichici). Il virus che ha colpito recentemente la Cina, e che poi si esteso in tutto il mondo, rappresenta uno stressor esterno difficile da gestire se non si posseggono abbastanza risorse interne di resilienza, in particolar modo se non si può far affidamento a legami d’attaccamento che trasmettano la fiducia necessaria affinché le emozioni negative possano essere condivise e regolate. In una relazione d’attaccamento adulta entrambi i partner della coppia possono svolgere la funzione di basa sicura, alternandosi nel ruolo di colui che regola i vissuti emotivi dell’altro.
Attualmente, però, le misure restrittive messe in atto contro il coronavirus ci impongono un paradosso costituito dalla relazione – non relazione, siamo costretti da un lato a dover limitare i nostri contatti sociali, mentre dall’altro la nostra salute psicofisica ci impone di ricercare questi stessi legami. Siamo costretti a dover negoziare tra stati del Sé contrastanti, cercando di mediare tra i due poli opposti del paradosso. Fortunatamente però internet, da questo punto di vista, può aiutarci nel continuare a mantenere i nostri rapporti sociali attraverso video chiamate o web chat, anche se purtroppo le cyber relazioni non permettono di ottenere quello scambio genuino e sano che avviene tra due esseri viventi “corporei”. Gli studi recenti, infatti, hanno dimostrato che in una relazione diadica i rispettivi corpi comunicano in modo inconscio attraverso il lato destro del cervello; rinunciare a questa dimensione corporea della relazione vuol dire perdere una grande fetta di possibilità di scambio e regolazione affettiva (Schore, 2008). Molti operatori sanitari, ad esempio, sono costretti a non aver alcun contatto fisico con la propria famiglia, limitando così la capacità di comunicazione affettiva.
In questo caso un supporto psicologico può essere di primaria importanza nell’elaborare dal punto di vista psichico le emozioni suscitate da tali difficoltà nel perpetuare le relazioni familiari.
Dal punto di vista psicologico è chiaro che in caso di eventi stressanti o angoscianti la mente di ognuno di noi mette in atto strategie personali di regolazione affettiva, ciò che gli psicoanalisti definiscono con il termine di meccanismo di difesa.
Meccanismi di difesa e regolazione emotiva della pandemia
Possiamo definire, in accordo con Schore (2010), i meccanismi di difesa come strategie inconsce di regolazione affettiva.
Ma nei confronti di un nemico invisibile come il virus COVID-19 che tipo di meccanismo di difesa l’individuo e il collettivo possono mettere in atto?
La prima forma di meccanismo di difesa che la nostra collettività ha manifestato è il diniego. Secondo Gabbard (2015), il diniego psichico è una forma primitiva di difesa che permette il disconoscimento di dati sensoriali provenienti dal mondo esterno fortemente destabilizzanti. Il diniego è solitamente una difesa dalla realtà del mondo esterno che viene ritenuta eccessivamente minacciosa per la propria integrità psichica. Gabbard osserva come tale meccanismo di difesa presente principalmente nei gravi disturbi della personalità o in stati psicotici può essere utilizzato anche dalla mente più sana di fronte a eventi catastrofici. Prima che in Italia si scatenasse l’epidemia, diverse autorità scientifiche hanno più volte messo in atto il diniego affermando che non c’era nulla di cui preoccuparsi, che il virus sarebbe rimasto circoscritto alla Cina e i paesi limitrofi, disconoscendo il pericolo di questa nuova minaccia invisibile. In modo inconscio la loro mente aveva preso atto della drammaticità della situazione difendendosi contro tale minaccia attraverso la minimizzazione di un pericolo di portata globale. In circostanze catastrofiche, come nel caso di una epidemia, l’uso del diniego può risultare da un certo punto di vista funzionale, mantenendo l’angoscia dell’individuo al di sotto di una soglia tollerabile, se la nostra mente non mettesse in atto un po’ di diniego saremmo sommersi da stati d’angoscia che ci divorerebbero.
Un’altra forma di meccanismo difensivo che la mente può mettere in atto contro una minaccia esterna è la razionalizzazione, un meccanismo di difesa meno primitivo del diniego. La razionalizzazione permette di mascherare i sentimenti d’angoscia provocati da una precisa situazione. Ad esempio, attraverso l’uso di specifiche precauzioni come la mascherina, il disinfettante, i guanti ecc. la persona permette di assicurarsi una sicurezza non solo fisica nei confronti del virus ma anche psichica nei confronti dell’angoscia.
Diniego e razionalizzazione rappresentano solo due esempi dei molteplici meccanismi di regolazione affettiva che la mente può mettere in atto nei confronti di un evento fortemente stressante.
Purtroppo però questa emergenza ci ha messi anche di fronte al diniego della sepoltura, l’impossibilità di poter celebrare il funerale dei propri cari morti a causa del COVID-19 cancella una pratica culturale indispensabile nell’elaborazione del lutto. Questo trauma silenzioso crea una voragine all’interno della psiche di coloro che hanno perso un familiare che sarà difficile da risanare. L’elaborazione del lutto richiede uno spazio non solo psichico ma anche fisico, in cui il corpo del defunto viene contemplato e degnamente salutato. Il rito funerario rappresenta un momento di raccolta sociale in cui attraverso un spazio relazionale comune è possibile elaborare la morte. In modo lacerante il COVID-19 lascia dietro sé un vuoto che non può essere degnamente compensato dall’elaborazione della morte, il nemico silenzioso trascina con sé non solo l’aspetto psichico del lutto ma anche la sua espressione corporea.
La sfida più grande è in ciò che verrà dopo
Ciò che verrà dopo la pandemia, quando le misure restrittive saranno abolite, rappresenta la vera sfida per l’equilibrio psichico. Il sostegno psicologico sarà importante soprattutto quando la vita inizierà a ripartire, quando finalmente una volta superata l’emergenza, che pone l’uomo davanti a un pericolo di vita o di morte, verrà il tempo dell’elaborazione psichica di tutto ciò che si è affrontato durante la quarantena. Molte nostre emozioni, che magari non hanno trovato uno sfogo adeguato, si presenteranno e potranno essere affrontate ed elaborate, anche attraverso un percorso psicologico.
Ognuno di noi riprenderà man mano a “vivere”, cercherà di tornare a quelle abitudini che un tempo disprezzava ma che invece ora rimpiange, ma sotto sotto sappiamo già che non si tornerà più indietro, nessuno ridarà alle famiglie dei defunti i corpi dei propri cari per poter eseguire il dovuto rito funebre, nessuno ci ridarà i primi raggi caldi della primavera. Il vuoto causato dal coronavirus non potrà essere riempito, esso potrà solo essere elaborato, trovando un adeguato spazio psichico, relazionale e socio-culturale in cui sarà possibile, attraverso un atto riflessivo, mentalizzare tutto ciò che abbiamo passato durante la pandemia, nel bene e nel male.
Ciò che verrà dopo sarà comunque una nuova possibilità, quella di sfruttare tutte quelle risorse che ci siamo permessi di costruire ristrutturando la nostra quotidianità e imparando a vivere nella difficoltà.
Dott. Salvatore Di Costanzo
Bibliografia:
- American Psychiatryc Association (2013). DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina Editore.
- Bateman, A., & Fonagy, P. (2019). Mentalizzazione e disturbi di personalità. Una guida pratica al trattamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
- Gabbard, G. (1990). Psichiatria psicodinamica. Tr. It. 2015, Milano: Raffaello Cortina Editore. (Quinta edizione)
- Schore, A.N. (2008). La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. Roma: Astrolabo Ubaldini.
- Schore, A.N. (2010). I disturbi del sé. La disregolazione degli affetti. Roma: Astrolabo Ubaldini.Sullivan, H.S. (1962). Teoria interpersonale della psichiatria. Milano: Feltrinelli.